Durante il successivo regno di Christian V, la Danimarca entrò in un età d’oro caratterizzata da un fiorente sviluppo equestre. Il nuovo sovrano oltre ad essere un notevole cavaliere di dressage ed un esperto in materia, si dimostrò molto interessato ad assumere alla sua corte, personaggi equestri prominenti, provenienti da tutto il mondo. Queste diverse, ma fondamentali personalità del mondo equestre fecero in modo, con le loro conoscenze, che da lì a poco tempo, la corte danese, per la prima volta, potesse sfoggiare carrozze reali trainate da gruppi di sei stalloni bianchi.
Tra questi personaggi spiccava Anton von Haxthausen, un diplomatico che svolgeva la sua attività tra le più importanti città equestri di Dresda, Hannover, Vienna e Berlino; costui fondò l’Accademia di Equitazione al Castello di Christian V (The Christiansborg Castle), seguendo le basi della scuola spagnola di Vienna, e riorganizzò il programma di selezione dell’allevamento del suo antenato Federico, che si guadagnò il riconoscimento in tutto il mondo (Rosenborg af Mogens Benchard, 1991).
La fantastica e drammatica storia di Coureur, uno stallone maculato, risale proprio a questo periodo. Dopo la sua morte, avvenuta in circostanze un po’ insolite, Coureur fu imbalsamato, nel 1684, diventando così il cavallo imbalsamato più vecchio del mondo.
Coureur fu allevato nella scuola presso il Castello di Christian, a quell’epoca considerata una delle più forti scuole di equitazione classica. Coureur era stato addestrato alle discipline più difficili, come le capriole, e il suo mantello chiazzato ne fece un tesoro prezioso.
A quel tempo era già comune in Inghilterra, tenere corse di cavalli, e quando, ad un banchetto reale, tenutosi al Castello di Christian, l’Ambasciatore inglese entrò in disputa con il capo scuderia von Haxtausen, sostenendo che i cavalli danesi fossero un prodotto della degenerazione e dell’artificiosità, e che in termine di spettacolo niente poteva essere paragonato ai cavalli inglesi, partì una scommessa del valore di 1,000 ducati danesi, una cifra ragguardevole per quel tempo, dalle seguenti condizioni:
- l’inviato inglese avrebbe potuto scegliere uno stallone direttamente dalle scuderie reali di Christian, che poi avrebbe dovuto percorrere la distanza tra “the Frederiksborg Castle” ad Hillerod, e “the Christiansborg Castle” a Copenhagen, di circa 35 km, in meno di 45 minuti;
- la corsa avrebbe avuto luogo 14 giorni dopo a partire da quel momento, per lasciare il tempo di addestrare ed allenare lo stallone scelto;
- il cavaliere avrebbe dovuto essere scelto tra i ragazzi della scuderia di von Haxthausen, (avrebbe vinto 100 ducati dopo la corsa e sarebbe stato nominato “ragazzo della scuderia reale”);
- entrambe le parti della scommessa avrebbero dovuto depositare prima della gara 1,000 ducati davanti a testimoni;
- tutte le staccionate ed i cancelli lungo il percorso da Hillerod a Copenhagen, sarebbero dovuti restare aperti durante il giorno dell’esecuzione della disputa;
- e all’inizio e alla fine del tragitto, secondi e servitori di ambo le parti avrebbero dovuto presidiare con orologi di controllo.
Questo divenne un grande evento al quale fu testimone non solo il pubblico cittadino di Copenhagen, ma anche quello della famiglia e della corte reale.
Giunse il giorno tanto atteso, e al castello di Federico fu suonato il segnale di inizio; fu così che un piccolo stallone macchiato si proiettò in avanti, verso il percorso, con tutta la sua straordinaria agilità: era uno stallone che sapeva fare le capriole, ma tutti si domandavano se possedesse anche la resistenza necessaria per completare la difficile cavalcata. Volò ad un ritmo frenetico, attraverso strade ciottolate e tra i campi dove aveva giocato da puledro.
Qui il cavallo era cresciuto ed aveva avuto il primo incontro con la sua futura rotta verso Hillerod e Copenhagen (i due castelli reali) in previsione della sua selezione come cavallo reale da corsa; infatti senza sapere a cosa andasse in contro, all’Accademia Reale fu addestrato e messo alla prova per la sua forza e il suo valore e, tra centinaia di cavalli, il suo talento fu identificato e tra le tante attività, gli venne insegnato anche l’esercizio delle capriole.
Durante la corsa, ispirato dalla nostalgia, si diresse verso la sua vecchia e semplice stalla, in direzione della mangiatoia situata tra alcune colonne di marmo; ma subito dopo, un po’ per gli applausi degli sconosciuti, un po’ per la frusta che lo percuoteva tornò verso i cancelli urbani: respirava pesantemente e la sua pelle era coperta da schiuma bianca, ma di fronte a lui c’era il castello di Christian, l’arrivo. Finalmente attraversò il Ponte Marmoreo e giunse nella piazza del castello.
La felicità in tutta Copenhagen fu enorme quando, controllando gli orologi, il tempo impiegato da Coureur per percorrere la distanza, risultò di 42 minuti, 3 minuti in meno rispetto al limite. L’onore del capo della scuderia della Danimarca, barone von Haxtausen, fu preservato, così come quello dei cavalli danesi.
I festeggiamenti non ebbero fine, e nella confusione generale fu trascurato un particolare: il piccolo stallone cadde improvvisamente per terra tra le colonne di marmo, morto dall’esaurimento. In tanto eccitamento si erano dimenticati di farlo camminare subito dopo la gara.
Dopo questa tragica fine, venne deciso di onorare lo stallone con un promemoria adeguato alla sua notevole vittoria. La sua anima raggiunse i campi erbosi di Frederiksborg Castle mentre il suo corpo fu imbalsamato, ma non in posizione ferma sulle quattro zampe, bensì facendo una capriola. Ora si trova nella sede dell’Accademia di Equitazione Reale di Christiansborg.
C’è chi afferma che il percorso si svolse nel senso opposto, cioè da Christiansborg a Frederiksborg; oggi sono passati circa 300 anni, e le macchie di Coureur sono un po’ sbiadite, il suo colore bianco si è ingiallito, e la maggior parte dei crini della splendida criniera e della coda, sono caduti. Ma vale ancora la pena di passare per le stalle reali di Christiansborg per ammirare attentamente questo stallone chiazzato che, pagando con la propria vita, salvò l’onore di questa razza che ancora oggi compie orgogliosamente la più difficile disciplina equestre: la capriola.